Diritti individuali - Lettere al Corriere della Sera
Caro Romano,
in una sua risposta una frase mi ha negativamente colpito: «.....in cui il legislativo e l’esecutivo non siano chiamati a intervenire con norme inevitabilmente destinate a limitare alcuni diritti individuali». Se lei avesse scritto, per ipotesi, «pretese o privilegi individuali» avrei potuto accettare la sua tesi, ma in questo caso assolutamente no. Il diritto individuale è sacrosanto, è l’essenza stessa della vita civile di un cittadino e non può, salvo per gravissimi motivi— guerra, cataclismi o altro— essere abolito o limitato invocando un’esigenza generale, in qualche modo superiore. Finché non verranno tutelati al massimo gli interessi dei singoli cittadini in quanto non membri di uno Stato, ma come persone, lo Stato si farà sempre forte di un imperium molto vicino all’angheria. Lo stesso art. 42 della Costituzione ha un contenuto aberrante: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge». D’accordo per il «garantita», ma «riconosciuta» proprio no. Nel contesto la parola è sinonimo di «concessa». In un Paese normale, in tema di proprietà privata, il pubblico potere non ha la facoltà di riconoscere un bel niente. Se un bene è mio, pur che osservi la legge in generale, ho l’assoluto diritto di farne ciò che meglio mi piaccia. «Riconoscere», in questo caso, è una palese forma di paternalismo giuridico, nei riguardi del cittadino, comunque suddito.
Bernardo Pianetti della Stufa, Firenze
Grazie, in linea di principio lei ha ragione. Ma anche i diritti sono creazioni storiche e come tali destinati ad allargarsi e a restringersi secondo le ideologie dominanti.
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