martedì 20 dicembre 2011

Caso Impastato, scoperto un altro depistaggio trent'anni dopo ritrovata la testimone del delitto - Palermo - Repubblica.it

Caso Impastato, scoperto un altro depistaggio trent'anni dopo ritrovata la testimone del delitto - Palermo - Repubblica.it

Il lutto italiano per la morte di Kim Jong-il | Il Post

Il lutto italiano per la morte di Kim Jong-il | Il Post

Il Segretario del Partito Marco Rizzo e il Responsabile esteri Alfonso Galdi , hanno espresso dolore e presentato le proprie condoglianze al popolo nordcoreano per la morte di Kim Jong-il, guida della causa rivoluzionaria dell’ideologia Juche e del Partito, dell’esercito e del popolo della Repubblica Democratica Popolare di Corea.

martedì 6 dicembre 2011

Scoperto il Dna del super anticorpo : chi ce l'ha non si ammala mai di influenza - Corriere della Sera

Scoperto il Dna del super anticorpo : chi ce l'ha non si ammala mai di influenza - Corriere della Sera

Commenti:
Come al solito, nei giornali si parla di scienza con poca cognizione di causa
06.12|18:07 maryross
Sono andata su PLoS One e ho dato uno sguardo al lavoro. Innanzitutto, il fatto che sia su PLoS One e non su di una rivista migliore indica che non si tratti di una scoperta rivoluzionaria (non è certo su Science, ma nemmeno su PLoS Medicine, per esempio). In genere, le persone pubblicano su PLoS One dei dati che non sono stati accettati in riviste migliori. Ma andiamo al lavoro in sè. Questo anticorpo ha attività ad ampio spettro, ma non contro tutte le varianti di virus ( non è attivo contro diverse varianti!). Si tratta solo di risultati preliminari, ancora da provare. Tutti gli studi sono stati fatti in vitro. Insomma, non mi pare questa grande scoperta scoperta rivoluzionaria. Un passettino avanti, si. Ma niente di più

Così un batterio cancellerà la specie umana

Così un batterio cancellerà la specie umana

La Terra ha un gemello? | Il Post

La Terra ha un gemello? | Il Post
Kepler

mercoledì 30 novembre 2011

I giornali online non sono responsabili per i commenti | Il Post

I giornali online non sono responsabili per i commenti | Il Post

Assolutamente sì- Lettere al Corriere della Sera

Assolutamente sì- Lettere al Corriere della Sera
Caro Romano, dopo «esatto» ora imperversa l’«assolutamente sì». Nella maggior parte dei casi non sarebbe sufficiente «sì»? Ebbene sì.
Marco Vailati , marco.vailati@tiscali.it

Chi dice «assolutamente sì» cede probabilmente alla tentazione di un vezzo linguistico che oggi va di moda. Ma non si rende conto che una tale enfasi potrebbe suscitare nei suoi interlocutori un sospetto. Qualcuno potrebbe pensare: «Se il semplice sì non basta, forse teme di non essere creduto. E se teme di non essere creduto forse ha fama di essere bugiardo».

Il giudice Forleo ritorna al Tribunale di Milano - Milano

Il giudice Forleo ritorna al Tribunale di Milano - Milano

Clementina Forleo (Ansa)Clementina Forleo (Ansa)
MILANO - Ritorna come gip a Milano, il giudice Clementina Forleo, attualmente in servizio presso il tribunale di Cremona. Lo ha deciso il Consiglio superiore della magistratura, con una sola astensione, approvando la delibera che prende atto dell'ultima decisione del Consiglio di Stato che dà ragione al giudice Forleo. Clementina Forleo era stata trasferita per incompatibilità ambientale dal Csm il 17 settembre del 2008 per aver fatto alcune esternazioni, in particolare nel corso della trasmissione televisiva di Annozero, asserendo che alcuni «poteri forti» avevano concorso alla scalata della Bnl. La delibera approvata mercoledì mattina dal Csm prevede la riassegnazione per il giudice Forleo del posto che occupava prima del trasferimento, ovvero gip del tribunale di Milano

martedì 29 novembre 2011

"la colomba incontra una resistenza quando vola, perché l'aria oppone resistenza. Qualcun potrebbe pensare che sarebbe meglio per la colomba non incontrare questa resistenza così farebbe meno fatica. Senza questa resistenza, però, non volerebbe, perché è proprio la resistenza dell'aria che le permette di volare, come dire che le difficoltà del mondo che ci mettono alla prova sono la condizione per dare origine a quell'agire morale attraverso cui noi ci proiettiamo dal mondo sensibile delle cose che stanno intorno a noi al mondo invisibile, ma tanto importante, che è il mondo della libertà".
Maurizio Ferraris racconta "Kant e l'Illuminismo"

giovedì 24 novembre 2011

Il difetto di base della costruzione europea. | Italians

Il difetto di base della costruzione europea. | Italians
Caro Severgnini, siccome ogni stato è differente, alcuni sono più efficienti di altri, cioè il rapporto tra peso dell’amministrazione pubblica e lavoratori produttivi è diverso, per cui sono diversi i livelli di tassazione che grava sulle aziende, inoltre sono differenti i livelli di occupazione, la bilancia dei pagamenti dell’import export, il debito pubblico ecc. Ciò porta i vari stati a stampare più o meno cartamoneta per coprire il deficit del bilancio statale. Di conseguenza, le varie valute nazionali sono sempre soggette all’attacco degli speculatori, che giocano sulle variazioni del cambio delle monete in conseguenza dei fattori summenzionati. Facendo l’euro, hanno impedito questa speculazione a livello europeo, ma hanno lasciato che ogni singolo stato continuasse con l’economia preesistente all’introduzione dell’euro, e hanno lasciato che emettessero dei buoni di debito pubblico per coprire il disavanzo. Ovviamente, il valore dei buoni sarà la conseguenza della salute economica dei vari stati, e quindi è un campo libero per gli speculatori che scommettono su quale stato crollerà prima. La conseguenza è quelle che abbiamo visto in questi giorni, con la continua variazione dello spread tra il buoni del tesoro emessi dalla Germania e quelli emessi dagli stati deboli. Per la continuazione dell’euro, esistono due strade: o si prosegue il processo di integrazione, lasciando alla sola BCE il compito di emettere bond europei, oppure, si prevede istituzionalmente che se uno stato non può far fronte ai propri debiti, dev’essere lascito fallire, come succede negli USA, dove i singoli stati falliscono, sospendono i servizi, licenzino i dipendenti statali, e poi si ristrutturano e riprendono l’attività, senza che questo incida nella fiducia nell’economia gli USA come stato sovrano. Una terza via è quella di troncare le gambe alla speculazione, ma sarà possibile con i manager delle società finanziarie piazzati a livello governativo?

Francesco Andreoli,

mercoledì 23 novembre 2011

Gli italiani? Realisti miserabili | Maurizio Viroli | Il Fatto Quotidiano

Gli italiani? Realisti miserabili | Maurizio Viroli | Il Fatto Quotidiano
Porre i principi al secondo posto, e la vita al primo, passa in Italia come massima di raffinato realismo politico. In realtà è un realismo miserabile, per l’evidente ragione che i principi sono spesso tanto reali, come forza che spinge all’azione, quanto gli interessi, e a volte più degli interessi. Ed è in realtà il modo di pensare dei servi. Deridere i princìpi, e non averne alcuno, è infatti il tratto caratteristico di chi vive obbedendo alla volontà di un altro. Questa italica abitudine a scambiare la mentalità servile per realismo è una delle cause principali della nostra inettitudine a difendere la libertà politica e a lasciarci dominare. Fino a quando non lo capiremo resteremo una Repubblica sempre in pericolo di essere soffocata dalla corruzione.

Favori a pochi, danni per tutti - Corriere della Sera

Favori a pochi, danni per tutti - Corriere della Sera
Caso Finmeccanica
Prova ulteriore che l'epoca di Tangentopoli non si è mai chiusa e che il cancro della corruzione continua a corrodere le fondamenta morali del Paese, i conti pubblici e la nostra credibilità internazionale.

lunedì 21 novembre 2011

Le date e i tempi della grande estinzione del Permiano - Le Scienze

Le date e i tempi della grande estinzione del Permiano - Le Scienze

«I favori ai politici? Ero io il collettore» - Corriere della Sera

«I favori ai politici? Ero io il collettore» - Corriere della Sera

Finmeccanica, le verità di Borgogni ai pm I nomi nelle carte, da La Russa a Giovanardi

Sposi dopo 15 anni nel braccio della morte (in due prigioni diverse) - Corriere della Sera

Sposi dopo 15 anni nel braccio della morte (in due prigioni diverse) - Corriere della Sera
[...]DUE ERRORI GIUDIZIARI - Sonia Jacobs, detta Sunny, è stata condannata a morte negli Stati Uniti insieme al marito nel 1976 per l'omicidio di due poliziotti avvenuto in Florida, ed è stata scagionata nel 1992 dopo la confessione del vero assassino e dopo che il marito era stato già messo a morte. Come lei stessa ha raccontato, entrò in carcere da «hippie vegetariana ventottenne», e ne uscì da «orfana, vedova e nonna 45enne»[...]

Questione generazionale: basta guerre! | Italians

Questione generazionale: basta guerre! | Italians

Caro Bsev, a proposito della “generazione scalognata” comparsa qualche giorno fa. La nostra famiglia vive con 2 stipendi da dipendenti tassati quasi al 50% e due figli di 16 e 20 anni. Le nostre prospettive di pensione sono a 61 anni con 40 anni di contributi (se non peggiora) e una pensione di circa il 55% dell’utimo stipendio ovvero circa 800 euro mese senza reversibilità (siamo conviventi): questa generazione ha già fatto 3 riforme delle pensioni (ricordi Amato?) L’INPS alla voce contributi dipendenti non presenta alcun disavanzo, anzi è da lì che si prende per pagare la cassa integrazione e mobilità (ecco perché poi si dice che l’INPS è in rosso). Non è riducendo i diritti nel mondo del lavoro che si fa occupazione: per inciso il costo del lavoro in Italia è tra i più bassi in Europa ma l’economia che va meglio è quella tedesca e il lavoro nero è frutto di questa deregolamentazione. Il debito pubblico che grava sul nostro paese non è stato fatto dai lavoratori e dalle famiglie ma è la cattiva gestione di una classe politica miope che in questo modo ha salvaguardato se stessa su comode poltrone ben pagate. Non avere un sistema fiscale degno di questo nome ha tolto le risorse per un welfare che aiuti i giovani nei periodi di disoccupazione e le famiglie (avere asili e scuole materne permetterebbe alle donne di inserirsi con più facilità nel mondo del lavoro, ti risparmio i confronti con gli altri paesi europei) Non è con una classificazione generazionale che si trovano le cause dei problemi del paese. Mettere una generazione contro l’altra è veramente una manovra di bassa lega e se uno volese essere malizioso potrebbe pensare che è un altro modo per non affrontare le vere cause della nostra condizione.

Vittorio Sartori,

domenica 20 novembre 2011

Virus che aiutano il lavoro degli antibiotici - Corriere della Sera

Virus che aiutano il lavoro degli antibiotici - Corriere della Sera

La biologia sintetica per creare vaccini universali - Corriere della Sera

La biologia sintetica per creare vaccini universali - Corriere della Sera

Tre crisi di governo, una sola lezione - Corriere della Sera

Tre crisi di governo, una sola lezione - Corriere della Sera
[...]
In Italia la soluzione adottata
dopo l'apertura della crisi assomiglia per certi aspetti a quella greca. Ma vi è una differenza importante. Benché invitati, i maggiori partiti hanno preferito non lasciarsi direttamente coinvolgere. Hanno votato la fiducia, e si spera che non facciano mancare il loro appoggio alle misure del governo. Ma vogliono avere le mani libere e il diritto di mandare a casa Mario Monti non appena ne avranno la convenienza. Non pensano alla crisi economica, alla sfiducia dei mercati, alla comprensibile impazienza dei partner. Pensano alle elezioni e non vogliono essere responsabili di tutto ciò che il governo Monti avrà fatto da qui ad allora. Dei tre Paesi mediterranei colpiti dalla crisi, l'Italia è quindi il solo in cui la politica, in uno dei momenti più difficili per il Paese, preferisca essere irresponsabile.

giovedì 10 novembre 2011

I tassi di interesse - Lettere al Corriere della Sera

I tassi di interesse - Lettere al Corriere della Sera
Bellissima l’idea di comprarci il nostro debito. Peccato che comprarlo sul mercato secondario non comporti alcun beneficio perché è solo un trasferimento da un individuo ad un altro dello stesso debito (e magari una riduzione dell’esposizione delle banche che se ne sono dimostrate subito entusiaste). Per essere utile, l’acquisto dovrebbe essere fatto solo sottoscrivendo nuove emissioni, riducendo quindi la necessità per lo Stato di offrire alti rendimenti per collocare i Buoni poliennali del Tesoro.

lunedì 31 ottobre 2011

La proteina che blocca il cancro - Corriere della Sera

La proteina che blocca il cancro - Corriere della Sera
Scoperto il meccanismo di conversione da cellule normali a cellule tumorali: potrebbe esserne inibita la diffusione

domenica 30 ottobre 2011

Lettera al premier - Corriere della Sera

Lettera al premier - Corriere della Sera
Signor presidente del Consiglio,
mi permetto di richiamare la Sua attenzione su alcuni aspetti delle Sue dichiarazioni di venerdì sull'euro. Lei ha affermato: «L'euro non ha convinto nessuno. È una moneta strana, attaccabile dalla speculazione internazionale, perché non è di un solo Paese ma di tanti che però non hanno un governo unitario né una banca di riferimento e delle garanzie. L'euro è un fenomeno mai visto, ecco perché c'è un attacco della speculazione ed inoltre risulta anche problematico collocare i titoli del debito pubblico».
[...]
Mario Monti

mercoledì 26 ottobre 2011

Importo dei contributi - Lettere al Corriere della Sera

Importo dei contributi - Lettere al Corriere della Sera
Si parla di riformare l'età pensionabile, ma non si dice che i lavoratori italiani pagano il 33% di contributi per la pensione sulla retribuzione lorda, contro il 19,5% dei tedeschi. La differenza giustifica il fatto che i tedeschi vadano in pensione a 67 anni e non prima.
Greta Grini , gretagreen@infinito.it

Il debito pubblico italiano, quando e chi lo ha formato | Linkiesta.it

Il debito pubblico italiano, quando e chi lo ha formato | Linkiesta.it

Chi ha in tasca il debito pubblico italiano? | Linkiesta.it

Chi ha in tasca il debito pubblico italiano? | Linkiesta.it

martedì 18 ottobre 2011

La lista nera che spaventò lo Stato. Così un accordo salv�ministri e politici - Inchieste - la Repubblica

La lista nera che spaventò lo Stato
Così un accordo salvò ministri e politici - la Repubblica

Dal 2009 si indaga su "strategie destabilizzanti" ed "eventi omicidiari" che nel 1992 avrebbero potuto insanguinare il Paese. Secondo i magistrati, la trattativa tra Stato e mafia non è dipesa da Totò Riina, ma dalla volontà di evitare episodi stragisti, assassinii e sequestri di leader di partito e di governo: da Andreotti a Mannino, da Vizzini a Martelli, ecco chi era nel mirino delle cosche. I segreti di quei giorni in un documento del Viminale

giovedì 6 ottobre 2011


"Ho limitato la libertà di stampa perché gli allarmanti articoli di certi giornali screditavano l'Italia all'estero e provocavano conflitti nello stesso Paese, che non é affatto né sull'orlo della rivoluzione né della guerra civile. In Italia tutto é calmo ed esiste un governo intenzionato a porre fine a degli abusi di certi sbandati.....Quando la stampa, che esercita un così enorme potere, eccede nei suoi privilegi e mostra di non rendersi conto della sua tremenda responsabilità, il governo deve porre fine a un abuso del genere...” (MUSSOLINI 1926)

mercoledì 5 ottobre 2011

Che cosa stiamo salvando? | Presseurop (italiano)

Che cosa stiamo salvando? | Presseurop (italiano)
Invece di prendere di petto le cause della crisi economica e politica, questa cause sono illustrate e spiegate come soluzioni. Allo stato è rimasta solo l'onere sociale di una crisi finanziaria dei privati. E i bilanci pubblici erano appena stati gravati della spesa necessaria a propagare la ricchezza dei privati che già è stata prescritta un’altra cura per risolvere la malattia ora chiamata “crisi dello stato”.

lunedì 3 ottobre 2011

Possiamo dar loro torto? - Italians - Corriere della Sera

Possiamo dar loro torto? - Italians - Corriere della Sera
Egregio Severgnini,
come lei ho 55 anni, e ho conosciuto due bravi ristoratori sui 35 anni. Mi hanno dato l'incarico di vendere il loro locale perché, nauseati dalla situazione italiana, vogliono andare all'estero. Non più di dieci anni fa, all'età di 25, hanno investito tutti i loro pochi risparmi per acquisire una trattoria che nel giro di pochi anni ha dato loro grande soddisfazione professionale. Ora si chiedono per quale motivo debbano restare qui a pagare le tasse per mantenere la casta politica che si diverte con le escort, facendole magari poi eleggere, che paga un piatto di pesce 2,80 euro, che guadagna, senza produrre alcunché, 20 mila euro al mese. Stanchi di sentire i clienti brontolare dei politici in generale e di Berlusconi in particolare senza ribellarsi, senza prendere iniziative, sopportando ogni cosa, questi due ragazzi hanno deciso di mollare tutto e di andare all'estero.
Possiamo dar loro torto, caro Severgnini? Come possiamo far capire a quei signori asserragliati nel bunker di Montecitorio, che stiamo perdendo le migliori risorse? Grazie e cordiali saluti.
Danilo Balasso, danilo@princess-immobiliare.it

giovedì 29 settembre 2011

L'universo è una rete stesa sul vuoto

L'universo è una rete stesa sul vuoto - Rainews24.it
Non bastavano i neutrini più veloci della luce a gettare ombre metafisiche sull'universo: ora ci si mettono anche gli astronomi della Australian National University, che hanno scoperto una "rete" che collega i grandi corpi astrali tra di loro.

UCRAINA DEGLI ANNI TRENTA LA MORTE PER FAME - Lettere al Corriere della Sera

UCRAINA DEGLI ANNI TRENTA LA MORTE PER FAME - Lettere al Corriere della Sera
Sono rimasto colpito nel leggere i dettagli relativi all’holodomor, il genocidio o olocausto ucraino degli anni trenta. La requisizione delle scorte alimentari e la carestia volutamente indotta dal governo di Stalin determinò, specialmente tra il 1932 e il 1933, da sette a dieci milioni di vittime. Se la cifra fosse vera, si tratterebbe di un numero addirittura superiore all’Olocausto ebraico di Hitler. Che sapeva allora il mondo della tragedia che stava accadendo in Ucraina? Perché, crollato il comunismo e a distanza di tanto tempo, l’opinione pubblica ancora fatica a prendere coscienza di quelle che furono le tragedie perpetrate dal regime sovietico? Forse che il determinante contributo alla sconfitta del nazismo abbia conferito una permanente patente di legittimità all'oblio dei crimini precedenti?
Francesco Valsecchi

 UCRAINA DEGLI ANNI TRENTA LA MORTE PER FAME Genocidio, se vogliamo che le parole continuino ad avere un significato, non può definire ciò che accadde in Ucraina e nel Caucaso del nord fra il 1930 e il 1933. Dopo avere sottratto gran parte della produzione agli agricoltori con la politica dell’ammasso, il regime sovietico decise la collettivizzazione della terra e l’aggregazione forzata delle fattorie agricole che lo stesso Lenin, paradossalmente, aveva reso possibili con il decreto sulla terra ai contadini, emanato dopo la rivoluzione bolscevica. I contadini proprietari resistessero, il regime reagì con le spedizioni punitive, gli arresti, le deportazioni. Stalin sapeva che gli ucraini, in quelle condizioni, erano condannati a morire di fame (è questo il significato della parola «holodomor»); ma non vi fu una deliberata politica di massacri, camere a gas, annientamento di interi villaggi e centri urbani come nel caso della spietata lotta di Hitler contro l’ebraismo europeo. Il numero delle vittime fu straordinariamente elevato, anche se difficilmente calcolabile, ma le cause della morte furono soprattutto la carestia, l’inedia, il tifo, il carcere duro, il trasferimento coatto delle popolazioni in condizioni inumane, gli errori di una burocrazia arrogante e incompetente. La cifra di 10 milioni risale probabilmente a una conversazione fra Churchill e Stalin dell’agosto del 1942, raccontata dall’uomo di Stato britannico nelle sue memorie. Per indurre il leader sovietico a parlare di quegli avvenimenti, Churchill mise a confronto le difficoltà provocate dalla guerra che l’Urss stava combattendo contro la Germania, con quelle provocate dalla creazione delle fattorie collettive dieci anni prima. «Oh no, esclamò Stalin, la collettivizzazione ci impose una lotta ben più terribile». Churchill commentò allora osservando: «Penso che vi sia riuscita così dura per il fatto che non avevate a che fare con poche migliaia di aristocratici o di grandi latifondisti, ma con milioni di umili contadini». Stalin non esitò a rispondere: «Dieci milioni. Fu una lotta terribile che durò ben quattro anni». La notizia di ciò che stava accadendo nella Repubblica dei Soviet giunse in Europa occidentale attraverso numerosi canali. Ma uno dei governi più dettagliatamente informati fu, probabilmente, quello italiano. Vent’anni fa lo storico Andrea Graziosi, uno dei migliori studiosi della storia sovietica, ha pubblicato presso l’editore Einaudi un libro intitolato «Lettere da Kharkov» in cui sono riprodotti i testi dei rapporti diplomatici e consolari inviati a Roma dall’ambasciatore a Mosca Vittorio Cerruti, dal console a Kharkov Sergio Gradenigo e dal vice-console a Novorossijsk Leone Sircana. Letti oggi, dopo altre rivelazioni su quella vicenda, i rapporti dei funzionari italiani sono modelli d’informazione precisa, completa e documentata. Graziosi racconta che Mussolini leggeva i rapporti attentamente annotandoli e siglandoli. E quando apprendeva l’arresto di un comunista italiano, emigrato in Urss per «costruire il socialismo», non resisteva alla tentazione di commentare: «Ve l’avevo detto io».

mercoledì 28 settembre 2011

Un sardo in Toscana (Repubblica, 6 agosto 1989)

SIENA - Domani mattina io, cittadino del Sardistan emigrato in Toscana, forse avrò un lavoro. Forse potrò fare il raccoglitore di pomodori a Marsiliana. Lo scorso anno davano mille lire a cassetta. Quest' anno saranno 1200, mi dice, nel bar di Manciano, un uomo sui cinquant' anni, sorridente e rubicondo. Mio figlio, continua, squadrandomi come volesse calcolare a occhio peso e altezza, lo scorso anno è arrivato a fare 110 cassette in un giorno, centodiecimila lire. Tu vedrai che 70/80 riuscirai a riempirle. Mi dà appuntamento per stasera, verso le 20, in questo stesso bar dove ora beviamo un bicchiere di miscelato, vino rosso e spuma: telefonerà a un certo suo amico di Marsiliana, gli dirà che c' è un bravo ragazzo disposto a raccogliere pomodori a cottimo. Il bravo ragazzo sono io, emigrato sardo senza arte né parte, capitato per una serie di accidenti immaginari in questo paesino della Maremma, proprio il giorno dopo l' arresto per sequestro di persona a scopo di estorsione del mio corregionale Pintore Costantino da Ortueri (Nuoro), 36 anni e 800 pecore.Il benefattore maremmano Dante Belardinelli, re del caffè e imprenditore fiorentino, era in queste campagne, incatenato dentro una tenda canadese, a trecento metri dall' ovile di Pintore. Stasera mancherò l' appuntamento col mio benefattore maremmano, e andrò proprio in quell' ovile. Incontrerò il fratello dell' arrestato, pastore pure lui, partito in fretta e furia dalla Sardegna perchè qualcuno deve pur badare al bestiame.

Sono arrivato a Manciano venerdì 4 agosto. Il giorno prima ero in un bar di Firenze mentre la televisione trasmetteva le prime immagini di Belardinelli. Me ne stavo in un angolo del bancone. Mi sentivo osservato con indulgente compatimento. Poco prima, chiedendo una birretta mi ero rivelato per un sardo senza arte né parte, nativo di Orgosolo, privo di amici e di raccomandazioni. Un sardo del Sardistan, come un anonimo razzista scrisse dieci anni fa, su un muro di Siena, in un altro periodo di sequestri d' esportazione. Un giornalista del Sardistan travestito da disperato del Sardistan, alla ricerca di quei germi di razzismo di cui di tanto in tanto parlano i miei corregionali residenti in Toscana. Da Otello, trattoria nei pressi della stazione, ho ordinato un piatto di spaghetti dopo essermi informato sul prezzo, e ho avuto il primo contatto per un lavoro: fossi stato più fortunato, anziché il raccoglitore di pomodori a cottimo, avrei potuto sperare di fare lo stagionale in Versilia.

E' stato il cameriere a darmi la dritta quando ha sentito la mia storia penosa: la chiusura del cantiere dove facevo il manovale, la crisi dell' edilizia in Sardegna, la partenza alla cieca. Col conto m' ha dato un numero di telefono di, pensa un po', Mondo fantastico, Forte dei Marmi. Ma non è che gli ho chiesto dopo questa storia del sequestro quando sanno che sono sardo non mi prendono?. Stai tranquillo, non avrai problemi m' ha rassicurato là gli stranieri come te li assumono subito. Prendono gli stranieri anche per la raccolta dei pomodori a Marsiliano. Anzi, li prendevano, mi spiega, sorseggiando il suo cocktail, il mio benefattore maremmano: Venivano i tunisini. Poi si è visto che erano degli scansafatiche, e nessuno li ha voluti più. Provo, e subito reprimo, un certo orgoglioso turbamento. M'accorgo che, probabilmente, se davvero fossi un sardo senza arte né parte, da questo momento in poi si radicherebbe in me un combinato disposto di certezze: i tunisini sono fannulloni, i sardi sanno lavorare meglio di loro, i maremmani sono giusti. Giusti e forti. Perché, questo è sottinteso, mai potrei eguagliare il limite dei 110 cestini di pomodori raggiunto dal figlio di quest' uomo più alto e più grosso di me. Firenze ad agosto è un forno e via Nazionale è la bocca del forno.

Sono le 15 e cammino, senza arte né parte, con un passo che tenta d' essere montanaro e pastorale, un po' Li' l Abner e un po' Bertoldo, con una camicia a quadri che sembra una tovaglia per pic-nic, i capelli schiacciati sulla fronte, l' espressione di uno che non mangia dall' altro ieri e che, tuttavia, potrebbe restare, per un futile puntiglio, anche settimane senza mangiare: i sardi sono notoriamente orgogliosi e piuttosto suscettibili. Non è domando al ristorante fast food Deanna che cercate qualche cameriere?. Il mio accento è veramente esasperato, più che sardo sembra quello di Gigi Sabani quando fa l'imitazione di Cossiga. Ma, costernato, devo prendere atto che è efficacissimo. Siamo al completo, è la risposta. Non è che mi faccio coraggio non mi prendono perché sardo sono? (questa del sardo sono è proprio grossa, ma funziona). Chi mi parla, un uomo sui 45 anni, ha un sorriso amaro, pieno di sincero imbarazzo, ma non appare stupito: Stai tranquillo mi rassicura, passando dal lei al tu noi siamo veramente al completo. Colleziono una miriade di veramente al completo. Se gli avverbi fossero commestibili già non sarei più un sardo senza arte né parte, ma un sardo satollo e appagato.

Sono quattro ore che mi aggiro, ho bevuto una quantità industriale di bicchieri d'acqua del rubinetto. Cerco soccorso nella sede dell' Associazione culturale dei sardi in Toscana. E' al secondo piano d' uno scempio edilizio alla periferia di Firenze. Un palazzo, costruito a metà degli anni Cinquanta, proprio di fronte a un cascinale di campagna. Salgo le scale sicuro che non faticherò a entrare in argomento: ieri l' altro, proprio il giorno prima della liberazione di Belardinelli, il giudice Vigna ha lanciato un appello alla comunità sarda affinché collabori con la giustizia. L' Associazione ha risposto: Non siamo un gruppo di indovini. Apro la porta. Vedo due giovani del Sardistan e, senza preamboli, impreco: Sono disperato. Cerco lavoro come cameriere, manovale, lavapiatti, qualunque altra cosa, ma non mi prendono. Dicono che sono al completo, ma ho paura che non mi vogliano perché sono sardo. Uno in un ristorante me l' ha quasi confermato: effettivamente, mi ha detto, per voi non è il momento migliore. Antonio Mereu, trent' anni, studente lavoratore, presidente dell' Associazione, conferma: non è un momento buono. Ma stai certo: non te lo diranno mai in faccia. E' una cosa che esiste, ma è sottile, quasi impalpabile. Forse è più forte per i meridionali che per noi. Da ciò si evince che noi ci tiriamo fuori dal Mezzogiorno. Ma questo è un altro problema delle scatole cinesi del razzismo nazionale. Pongo fine alla commedia. In cambio ricevo la rassegna stampa.

Il 1982 è l' anno della nascita dell' associazione ed è anche l'anno in cui si fa un gran parlare dei sospetti, nell' indagine sul mostro di Firenze, sul sardo Salvatore Vinci. In un dibattito Luigi Berlinguer, sardo e rettore dell' Università di Siena, parla di bambini sardi che si sono vergognati di andare a scuola. Ma di solito il razzismo è quasi scherzoso dice Antonio Piras, quarant' anni, infermiere, vicepresidente dell' associazione in questi giorni, nel posto dove lavoro, quando passo io si coprono le orecchie. Capita anche ad altri sardi, me l' hanno raccontato. Capisci cosa intendo?. Altro che: deve esserci stata una circolare del ministero dell' Interno. La rassegna stampa è scarna ma istruttiva. Ecco, sempre a proposito del mostro, un articolo apparso nell' 84 sulla Nazione. La Sardegna viene descritta come società arcaica e primitiva poi si ragiona sul fatto che il mostro, vista la sua dimestichezza con le incisioni, potrebbe essere un intagliatore di sughero, mestiere molto in voga in Sardegna ma poco praticato in Toscana (nell' articolo si precisa che solo a Montecatini c' è un toscano intagliatore di sughero). Mereu è sconsolato: In certi titoli dei giornali - protesta - sardo viene usato come sinonimo di bandito. E mi mostra un recentissimo ritaglio della Nazione: dentro un articolo sul sequestro Belardinelli c' è un box intitolato: Turista violentata a Siena che comincia così: Un pastore sardo... Accostamento, come si può intendere, veramente sottile e non privo d' una certa raffinatezza. La sera sono a Siena, in piazza del Campo, con la solita camicia-tovaglia, l' espressione sempre più affranta, e un passo che, a guardarmi, si potrebbe avere l' illusione uditiva dei campanacci delle pecore. Colleziono un altro po' di veramente... Taccio e incasso quando m' accorgo che barista e proprietario si scambiano certi sorrisetti divertiti mentre espongo i miei problemi.

La mattina dopo tra Scansano e Manciano, nella hall di un albergo-ristorante, la ragazza a cui ho spiegato la mia situazione, sparisce nel retro e dice al proprietario, non rendendosi conto che posso udirla, C' è un sardo... Figuriamoci... le rispondono. Pochi secondi dopo la ragazza riappare e mi dice veramente... Quel figuriamoci... orecchiato per caso è la manifestazione di ostilità più esplicita. Razzismo soft o ordinaria intolleranza? Un allevatore modello Al bar di Manciano, non appena apro bocca, il cameriere m' annuncia che presto arriveranno alcuni miei corregionali. Dico che, attraverso amici comuni, avrei dovuto incontrare Costantino Pintore. Vengo creduto. Passano pochi minuti e arriva Gianfranco Santimiani, un uomo sui sessanta anni, maremmano. E' la guardia giurata che ha guidato i Nocs fino alla prigione di Belardinelli. Ancora non riesco a crederci mi dice Costantino era un allevatore modello. Nessuno riesce a crederci in paese, neanche il sindaco. A Tore Marras, di Lula (Nuoro), figlio d' un pastore che s' è stabilito qua ventotto anni fa, chiedo se avrò problemi per trovare lavoro, io che sono sardo: E se non ti vogliono - mi risponde - tu mandali affanculo. Ma mi creeranno problemi o no? Che te ne importa? - insiste - tu mandali lo stesso affanculo. Parla in sardo con me, quando si rivolge agli altri ha un perfetto accento toscano. Che lavoro posso trovare?, gli chiedo. Sai mungere?, mi fa lui. Corro il rischio d' essere messo alla prova. Devo dire la verità: No, non so mungere. E' quasi sera, abbiamo bevuto una decina di bicchieri di vino e spuma a testa (Tore mi spiega che siamo in perfetta media), andiamo fino all' ovile di Costantino Pintore. C' è una gatta, con quattro cuccioli, un enorme cane bianco che non abbaia quando arriviamo. Fuori dalla porta, un caos di fave secche, bottiglie, stracci, utensili da cucina. Dentro l' ovile c' è un uomo sulla trentina. Appende alle pareti bisacce, ripone nella scaffalatura pezzi di formaggio: E' modo di fare quando si entra a casa della gente?, si lamenta indicando gli oggetti buttati all' aria dai Nocs. Raccolgo dal mucchio di spazzatura un nastro di musica folk: E' del coro di Neoneli - gli dico - li conosco, sono bravi. Ho l' impressione che il fratello di Pintore abbia un moto di rabbia e di commozione. Qua c' è molto da fare - sospira guardandomi negli occhi - tu vivi da queste parti?.

domenica 28 agosto 2011

Inedificabilità assoluta terreni colpiti da incendio

Inedificabilità assoluta terreni colpiti da incendio
I terreni boschivi colpiti da incendi non sono edificabili per almeno dieci anni, anche se alla norma che lo prevede non sia stata data attuazione attraverso la previsione di un apposito catasto. E’ questo il principio stabilito dalla V sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27799 del 27.06.2003.

La Corte chiarisce che la L. 353/2000, recante “Legge-quadro in materia di incendi boschivi” ha profondamente modificato il regime dei luoghi adibiti a bosco, stabilendo, in caso di incendio, la assoluta inedificabilità per dieci anni.

La ratio della norma è da ricercare, a parere della Corte, nella volontà del legislatore di introdurre una disposizione di carattere eccezionale, per prevenire l'attività di piromani, spinti alla distruzione dei boschi per sfruttare nuovi terreni a fini edilizi. Detta disposizione, per la sua caratteristica di eccezionalità prevale sulle norme preesistenti nazionali e regionali, e produce conseguenze immediate anche sui terreni già colpiti da incendio. Infatti, al fine di rendere possibile in concreto l'applicazione del nuovo regime ai boschi già distrutti, è stata prevista la ricognizione dei terreni boschivi già incendiati, nei cinque anni antecedenti all'entrata in vigore della legge, con la costituzione di un apposito catasto, norma che tende a rendere applicabile il divieto, a tutti i terreni boschivi distrutti da incendi, inserendo un preciso dovere di ricognizione per gli amministratori pubblici.


Legge 21 novembre 2000, n. 353
"Legge-quadro in materia di incendi boschivi"
http://www.camera.it/parlam/leggi/00353l.htm
1. Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni. È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell’ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell’atto. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione. Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dal Ministro dell’ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici. Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia.

venerdì 12 agosto 2011

Tangenti italiane ai talebani - l’Espresso

Tangenti italiane ai talebani - l’Espresso

In Afghanistan mazzette ai guerriglieri per evitare attacchi contro i nostri soldati. I file di WikiLeaks rivelano: nel 2008 Bush disse a Silvio di finirla con i pagamenti. E da allora i caduti in missione sono quadruplicati. Ecco l'inchiesta de l'Espresso, rilanciata anche da The Times di Londra

Secondo le informazioni raccolte dai nostri alleati, i "pagamenti per la protezione" servivano a sancire tregue tra le truppe di Roma e i guerriglieri nei territori più caldi.


lunedì 8 agosto 2011

Costi della politica: tutti i tagli che si possono fare subito - Corriere della Sera

Costi della politica: tutti i tagli che si possono fare subito - Corriere della Sera

Gruppo d'Intervento Giuridico o.n.l.u.s. > Il progetto di gasdotto Galsi, Wikileaks e i deputati sardi.

Gruppo d'Intervento Giuridico o.n.l.u.s. > Il progetto di gasdotto Galsi, Wikileaks e i deputati sardi.

L’ultima vacanza dell’euro? | Presseurop (italiano)

L’ultima vacanza dell’euro? | Presseurop (italiano)

La burocrazia europea è lenta e la Germania si ostina a rifiutare l’unica medicina in grado di salvare l’euro e l’Europa, ossia accettare una responsabilità comune per il debito pubblico accumulato e rinunciare alla sovranità nazionale sulle politiche di bilancio.


Ecco la lettera di Trichet e Draghi Cessioni, liberalizzazioni e lavoro - Corriere della Sera

Ecco la lettera di Trichet e Draghi Cessioni, liberalizzazioni e lavoro - Corriere della Sera
Le condizioni per l'intervento sui titoli italiani

Torture nella miniera dei diamanti - Rainews24.it

Panorama, il Tv7 della Bbc, ha rivelato agli occhi del mondo , e non solo dei telespettatori britannici, l'esistenza di un vero e propeio campo di tortura gestito dalle forze di sicurezza dello Zimbabwe, paese ricco di giacimenti di diamanti.

http://www.rainews24.it/it/news.php?newsid=155350

domenica 7 agosto 2011

Insultare i sardi con i radar - Massimo Carlotto - SARDEGNA 24

Insultare i sardi con i radar - Massimo Carlotto - SARDEGNA 24

Il fumo nuoce alla salute? Non è provato. E l' amianto? Un errore vietarne l'uso. E le onde elettromagnetiche diffuse dai radar? Un toccasana per la sciatica. E l'uomo, si sa, non è mai atterrato sulla luna. Parola di scienziato.

venerdì 5 agosto 2011

C'è la carestia, e l'Etiopia cede le sue terre - Corriere della Sera

C'è la carestia, e l'Etiopia cede le sue terre - Corriere della Sera

l’Espresso - Vietato! Oltre i limiti della fotografia

l’Espresso - Vietato! Oltre i limiti della fotografia

Chiamatela pure provocazione. La mostra Vietato! è un momento di riflessione per capire quali siano i danni che sta arrecando la psicosi della privacy al modo di fotografare i nostri tempi. I professionisti infatti sempre più spesso sono costretti ad arrendersi davanti a una legge dalle maglie troppo strette. Giovanna Calvenzi, Renata Ferri e Gabriele Caproni, curatori di questa esposizione prodotta dal Circolo Fotocine Garfagnana, si chiedono cosa troveranno le generazioni future quando andranno a cercare immagini del modo di vivere di questo periodo storico. E la risposta è: “Nulla”. Per questo una fascetta nera copre gli occhi di alcuni degli scatti più rappresentativi di questa epoca. Vietato! sarà ospitata a Castelnuovo di Garfagnana (Lucca) fino al 7 agosto, venerdì 5 una tavola rotonda per affrontare il tema della privacy nella fotografia. Partecipano con una loro immagine 55 autori italiani: da Letizia Battaglia a Massimo Siragusa, da Simona Ghizzoni a Francesco Zizola – di Adele Sarno

martedì 2 agosto 2011

The Number 18

The Number 18
"«Non capisci: funziona con qualsiasi cosa, il 18 è il numero della mia rovina! Te lo dimostro subito..."

giovedì 28 luglio 2011

L'orrore incluso nel prezzo - Marcello Fois - SARDEGNA 24

L'orrore incluso nel prezzo - Marcello Fois - SARDEGNA 24
Traghetti. Qui non si parla d’altro. Vai al supermercato del camping e la cassiera-commessa- gestore ti guarda con la faccia da cane bastonato[...]
http://www.sardegna24.net/dialoghi/marcello-fois/l-orrore-incluso-nel-prezzo-1.8283

mercoledì 27 luglio 2011

QUALCHE CALCOLO SULLE PROVINCE CHE COSA FANNO, QUANTO COSTANO - Lettere al Corriere della Sera

QUALCHE CALCOLO SULLE PROVINCE CHE COSA FANNO, QUANTO COSTANO - Lettere al Corriere della Sera

Nella sua risposta a un lettore «Necessaria per ragioni morali l’abolizione delle Province (Corriere, 24 giugno), lei notava che «non esiste, che io sappia, uno studio accurato sui risparmi che lo Stato ricaverebbe dalla soppressione» delle Province. Le inviamo un nostro libro uscito un paio di anni fa, che contiene una proposta di riforma e, contestualmente, uno studio crediamo accurato e ragionale sui risparmi che potrebbero derivare dall’abolizione delle Province.
Alberto Mingardi, Direttore generale Istituto Bruno Leoni Torino

QUALCHE CALCOLO SULLE PROVINCE CHE COSA FANNO, QUANTO COSTANOCaro Mingardi, Lei mi ha segnalato un libro molto utile. S’intitola «Abolire le province», è stato pubblicato nel 2008 dagli editori Rubbettino e Leonardo Facco, e contiene, a cura di Silvio Bocalatte, saggi di diversi autori. Alcuni capitoli, in particolare, confrontano il sistema amministrativo italiano con quelli della Spagna, della Germania e della Gran Bretagna. Ho appreso leggendolo che il dibattito sulle province accompagna la Repubblica sin dal momento della sua nascita. All’Assemblea costituente il partito di coloro che volevano abolirle era guidato da un grande economista, Luigi Einaudi, e da un illustre costituzionalista, Costantino Mortati. Il primo avrebbe voluto sostituirle con un consorzio tra comuni o con una circoscrizione intermedia non obbligatoria; il secondo con un consorzio obbligatorio «più ristretto della provincia e più omogeneo». La loro posizione sembrò convincere la maggioranza e il risultato fu la proposta di un articolo in cui sarebbe stato scritto: «Il territorio della Repubblica è ripartito in regioni e comuni. La provincia è una circoscrizione amministrativa di decentramento regionale». Ma quando l’articolo venne in discussione in aula gli abolizionisti furono sconfitti da coloro che preferirono lasciare le cose com’erano e, soprattutto, dal lavoro di lobby dell’Unpi (Unione province italiane). Il problema divenne nuovamente attuale quando il Parlamento, verso la fine degli anni Sessanta, cominciò ad approvare le leggi che avrebbero permesso il funzionamento delle regioni a statuto ordinario. Si sapeva che le province avrebbero perduto molte delle loro funzioni e Ugo La Malfa, in particolare, sostenne che «il riformatore deve avere il coraggio di innovare tagliando». Ma anche in questo caso il partito conservazionista finì per prevalere e le province, benché private di molte delle loro funzioni originarie, resistettero alla falce della riforma. Da allora, se possibile, le cose sono peggiorate. Come ricorda Luigi Ceffalo, l’istituzione del sistema sanitario nazionale ha tolto alle province «le residuali competenze in ambito sanitario quali l’assistenza degli alienati e la conduzione di laboratori di igiene e profilassi». Più tardi, è vero, alle province fu chiesto di collaborare all’elaborazione del piano regionale di sviluppo e di adottare un piano territoriale di coordinamento. Ma temo che questa disposizione abbia avuto l’effetto di rendere la macchina amministrativa ancora più complicata e ingombrante. Nel capitolo scritto da Andrea Giuricin vi sono infine molti dati relativi ai costi. Sulla base di cifre che risalgono al 2005 le province comportano spese per circa 16 miliardi di euro, di cui più di un miliardo e cento milioni andrebbero al loro personale politico: presidenti di Giunta, vice-presidenti, assessori, consiglieri e presidenti del Consiglio. Mancano invece, come ho scritto nella risposta precedente, i calcoli sul costo della loro soppressione. Ma questi potranno essere fatti soltanto quando il governo, se deciderà di proporne la soppressione, ci dirà come intende disporre degli immobili e del suo personale amministrativo.

domenica 24 luglio 2011

Ex della Magliana: l'abbiamo rapita noi

Ex della Magliana: l'abbiamo rapita noi
"Emanuela Orlandi e' stata rapita per ricattare il Vaticano e per ottenere la restituzione di un'ingente somma di denaro investita dalla banda della Magliana nello Ior". A dirlo, in un'intervista alla Stampa, e' uno dei componenti del primo nucleo della banda, Antonio Mancini, che alla domanda sulla sorte della ragazza risponde: "Le sembra possibile che dopo 28 anni senza dare nessuna notizia di se' sia ancora viva?".

sabato 23 luglio 2011

Le dichiarazioni fiscali - Lettere al Corriere della Sera

Le dichiarazioni fiscali - Lettere al Corriere della Sera

Frequente è la domanda del perché «certi ricchi» non compaiono nelle dichiarazioni dei redditi. Molto semplice: i faccendieri, destinatari di plusvalenze, intermediazioni, commissioni, partecipazione ad affari eccetera, di solito immettono tali proventi in «scatole» (società di capitali) che usano per evitare la tassazione personale. Come da tempo suggerisco e rilevo che è stato proposto in Francia e negli Stati Uniti, si dovrebbe introdurre la «trasparenza», cioè la tassazione in capo ai soci (più spesso al socio padrone) come avviene per le società di persone: oggi c’è un’opzione per tale sistema, ma di spettanza soltanto della società. È un’elusione sulla quale dovrebbe intervenire il legislatore ancor prima della Amministrazione sotto l’aspetto dell’abuso del diritto.

venerdì 22 luglio 2011

Questa sarà la volta buona? - Italians - Corriere della Sera

Questa sarà la volta buona? - Italians - Corriere della Sera
Caro Severgnini, la Prima Repubblica è stata il pentolone del consociativismo da cui è originato il decollo della spesa pubblica, della spartizione delle cariche statali e parastatali, l’esplosione della pressione fiscale per sostenere un debito senza controllo, il terreno su cui germogliò e si diffuse il malaffare che portò a Mani Pulite, insomma, tutto ciò che Montanelli testimoniava, poco ascoltato e molto avversato, dalle pagine del Giornale Nuovo. Poi venne la Seconda Repubblica. La spesa pubblica ha continuato imperterrita a lievitare, il malaffare ha toccato nuove vette, la spartizione di cariche, prebende e rendite non si è modificata per nulla, i giovani hanno cominciato a pagare il conto con disoccupazione e stipendi da fame senza che nessuno abbia mollato un centimetro la difesa delle sue prerogative, politica, sindacati, ordini professionali e associazioni varie. Ma tutto questo non è possibile senza un patto consociativo dietro le quinte. All’interno della maggioranza e tra maggioranza e opposizione. Ognuno ne ha tratto beneficio, chi si è portato a casa leggi sulle televisioni, chi uno pseudo federalismo con contorno di ministeri in Lombardia, chi una fiscalità di vantaggio per le Coop, chi è riuscito a imbucarsi nell’ultima infornata di stabilizzazioni dei precari, e, su tutti, Equitalia scatenata a caccia di benzina per alimentare il banchetto. Mi dica sinceramente se lei si aspetta che, dall’esercizio degli strumenti a disposizione della gente comune, possa scaturire un giorno un’inversione di marcia e perché questa volta dovrebbe essere quella buona.
Mauro Gargaglione,

giovedì 14 luglio 2011

Spinoza > All you can eat

Spinoza > All you can eat
Riassunto della legge sul biotestamento: la tua vita comincerà a interessare allo Stato solo quando cesserà di interessare a te. [trabeoscopio, da All you can eat]

mercoledì 13 luglio 2011

Tragedia del Cermis, rapporto Forze armate Usa: “E’ stata tutta colpa nostra” | Redazione Il Fatto Quotidiano | Il Fatto Quotidiano

Tragedia del Cermis, rapporto Forze armate Usa: “E’ stata tutta colpa nostra” | Redazione Il Fatto Quotidiano | Il Fatto Quotidiano

Un documento pubblicato dalla Stampa rivela che le prime indagini sull'incidente del 1998, quando un caccia americano tranciò i cavi di una funivia uccidendo 20 persone, addossavano tutta la responsabilità ai militari statunitensi: "Lo schianto non è frutto del caso, perché l'aereo ha volato più basso e più veloce di quanto consentito"

4mila litri d'acqua a bistecca gli sprechi che non vediamo - Repubblica.it

4mila litri d'acqua a bistecca gli sprechi che non vediamo - Repubblica.it

martedì 12 luglio 2011

Il lamento degli "inidonei" - Italians - Corriere della Sera

Il lamento degli "inidonei" - Italians - Corriere della Sera

Qualcuno ha pensato di risolvere il problema alla radice, gettando i bambini malati o deformi dalla rupe. Ma le società, antiche e moderne, purificate da individui deboli, deformi o ammalati, non hanno lasciato eredità all'evoluzione della specie umana. La "triste" realtà è che i deboli, gli svantaggiati, gli ammalati in qualunque società ESISTONO, semplicemente ci sono: nascono, vivono, muoiono come tutti. Qualcuno si ammala lungo la via, anzi, quasi tutti si ammalano prima o poi. La condizione umana è dunque quella di essere sia forte che debole, sia sana che ammalata, sia giovane che vecchia. Qualcuno si è accorto che una società "mista", cioè non purificata, è più forte, più coesa, più ricca di emozioni, suggestioni, cultura, è più progredita. E così in un crescere di civiltà, si è arrivati agli stati che si assumono l'onere e la soddisfazione di tutelare i deboli, usando la loro visione del mondo per migliorare la vita di tutti. Il governo Berlusconi civile non è, bisogna dirlo a tutti perché tutti prima o poi si può divenire soggetti deboli: ammalarsi, invecchiare... Questo governo per risparmiare non taglia le spese della casta, ma si accanisce sui più deboli: ammalati, donne, precari e giovani. Parlo dei docenti dichiarati inidonei all'insegnamento per motivi di salute. I docenti inidonei, spesso donne, hanno lavorato nella scuola e per motivi legati all'insegnamento si sono ammalati. Ora non insegnano, ma il loro lavoro è prezioso nelle biblioteche, nei laboratori informatici etc... Invece di aiutare queste persone, di usare le loro competenze acquisite negli anni, il governo costringe i docenti a divenire applicati di segreteria nelle scuole o impiegati in altro ente, e non basta, i docenti possono essere mandati se necessario in altra regione. Insomma li buttano dalla rupe. Inoltre, se i docenti inidonei occuperanno i posti del personale di segreteria, quante persone staranno a casa? Ministri è uno scherzo? Ma noi inidonei non ci arrenderemo all'inciviltà.

Maria Rosa Panté, mrpante@libero.it

LA NUOVA SARDEGNA - Politica: Presidenti e consiglieri più pagati? I sardi

LA NUOVA SARDEGNA - Politica: Presidenti e consiglieri più pagati? I sardi

http://www.regione.sardegna.it/j/v/491?s=170599&v=2&c=1489&t=1


http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_203_20110712103505.pdf



Sardegna, governo fantasma

di Maurizio Porcu
I consiglieri regionali dell'isola hanno il record d'improduttività e di assentesimo: in media, lavorano meno di un'ora al giorno. Sia in aula sia nelle commissioni manca spesso il numero legale. E per "spronarli" cosa fa la giunta? Aumenta le poltrone
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/sardegna-governo-fantasma/2145952

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: PIÙ CUBATURE SEMPRE INUTILI

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: PIÙ CUBATURE SEMPRE INUTILI
http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_203_20110712104948.pdf

Lombardia provincia di ‘ndrangheta Dove se non paghi ti sequestrano i figli | Davide Milosa | Il Fatto Quotidiano

Lombardia provincia di ‘ndrangheta Dove se non paghi ti sequestrano i figli | Davide Milosa | Il Fatto Quotidiano

martedì 28 giugno 2011

Ipse dixit: Salviamo i privilegi, tanto la gente ci detesta.

Rotondi dice no ai tagli dei privilegi “La gente ci detesta, difendiamo la Casta” | Redazione Il Fatto Quotidiano | Il Fatto Quotidiano
“Dobbiamo coccolare i parlamentari; se un giorno gli si dice che vanno dimezzati, il giorno dopo che gli si taglia lo stipendio, quello successivo l’auto blu, significa voler proprio far cadere il governo”. Il ministro Gianfranco Rotondi è contrario ai tagli dei privilegi a deputati e senatori. Anzi. I privilegi, dice, vanno tutelati. “Tanto, più impopolari di così”.

Pagate 1,40 euro all'ora, le schiave di via Padova si ribellano. Tre denunce - Milano

Pagate 1,40 euro all'ora, le schiave di via Padova si ribellano. Tre denunce - Milano

lunedì 27 giugno 2011

venerdì 10 giugno 2011

Quella centrale nucleare sui colli di Bologna - Bologna - Repubblica.it


La centrale nucleare di Montecuccolino
Inserito originariamente da Il Fatto Quotidiano


Quella centrale nucleare sui colli di Bologna - Bologna - Repubblica.it: "Mai una manifestazione, mai una protesta. I giorni più duri? Quelli dell'aprile '86, il dopo Chernobil. La gente era spaventatissima per le radiazioni e portava qui di tutto per vedere se c'era stata contaminazione. Piante. Frutta. Persino galline'."

Come funziona il cervello in politica - Italians - Corriere della Sera

Come funziona il cervello in politica - Italians - Corriere della Sera
Caro Beppe,
una delle poche certezze sui processi cognitivi indica che usiamo le aree razionali del cervello quando dobbiamo affrontare una contraddizione, al fine di riflettere. Ma alcuni ricercatori della Emory University di Atlanta, poco prima delle presidenziali Usa del 2008, hanno condotto il seguente esperimento.
Tramite risonanza magnetica hanno scannerizzato il cervello di quindici sostenitori democratici e quindici repubblicani, alle prese con la lettura delle dichiarazioni programmatiche dei due leader degli opposti schieramenti. Dall’esperimento è emerso che quando si esamina il pensiero del leader del proprio partito, il processo di valutazione è del tutto emotivo e inconscio, e quando si riesce a giustificare il candidato si attivano le aree del piacere, allo stesso modo di quando si assume una droga. Quando veniva letta la parte del documento in cui il proprio leader cadeva in contraddizione, aumentava l’attività dell’area del cervello deputata alla regolazione delle emozioni negative e al perdono, mentre restava sopita la parte della corteccia dedita ai ragionamenti razionali.
Per i fedelissimi il pensiero politico assume un carattere prevalentemente emotivo: anche l’esito delle recenti elezioni è frutto di una totale irrazionalità.
Mauro Luglio, mauromati@tiscali.it

Il vero �nodo� dei referendum sull'acqua - Italians - Corriere della Sera

Il vero �nodo� dei referendum sull'acqua - Italians - Corriere della Sera
Il punto nodale mi sembra questo: i privati che investono hanno un rendimento assicurato; in pratica, il «rischio d'impresa» è nullo. Ma se non ci sono né rischio né concorrenza (una volta ottenuta, la concessione garantisce, di fatto, un monopolio), a cosa serve far entrare i privati? Inoltre, la remunerazione del 7% è assicurata in qualsiasi modo il capitale sia stato investito; non vi è alcuna garanzia che gli investimenti servano davvero a ottimizzare il servizio. Di nuovo, qual è il beneficio per gli utenti?

martedì 7 giugno 2011

Lavoce.info - ARTICOLI - QUELLE REGIONI ANCORA PI� SPECIALI

Lavoce.info - ARTICOLI - QUELLE REGIONI ANCORA PI� SPECIALI

È legittimo astenersi e invitare a disertare le urne? - Andrea Morrone*

*Articolo di Andrea Morrone, professore straordinario di diritto costituzionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna, pubblicato su il Riformista lunedì 23 maggio 2005 .

Perché è importante discutere ancora di astensione? Perché l’appello all’astensione dal voto rappresenta la scorciatoia per affossare una richiesta di referendum popolare. Utilizzando l’astensionismo fisiologico (non vota normalmente il 25-30%), è oggi sufficiente convincere a non votare una minoranza di cittadini (pari al 20-25% circa dell’elettorato) per boicottare qualsiasi referendum. Di fronte all’astensione, in altri termini, qualsiasi richiesta di referendum abrogativo nasce morta. Basta guardare alla storia repubblicana.

Un po’ di storia. Nonostante le polemiche dell’ultima ora, la propaganda a favore della diserzione dalle urne e l’assenteismo dal voto hanno affiancato la storia dei referendum abrogativi fin dalle origini. La prima volta risale al 1972, quando Pietro Scoppola e altri intellettuali cattolici proposero agli elettori di ricorrere all’astensione come alternativa democratica per respingere il referendum sul divorzio, ritenuto un’iniziativa “inequivocabilmente confessionale”. Questa via d’uscita venne poi suggerita da Marco Pannella, il leader referendario per eccellenza, a Bettino Craxi il 9 aprile 1985 per scongiurare il referendum comunista sulla scala mobile: l’invito a disertare le urne, accolto inizialmente da Pierre Carniti e dallo stesso Craxi, fu poi abbandonato da quest’ultimo (lo convinsero De Mita, Spadolini, Zanone e Longo), dato che il Presidente del consiglio decise di trasformare il referendum in un voto di fiducia sulla politica del governo (poco prima del voto, non tutti lo ricordano, anche Pannella e i radicali decisero di recarsi alle urne per votare NO).

E’, però, con i referendum su caccia e pesticidi del 1990 che l'invito a disertare le urne (in taluni seggi trasformato in vere e proprie pressioni fisiche) raggiunse per la prima volta il segno. A invalidare la consultazione popolare si ritrovano insolitamente uniti agricoltori, cacciatori, produttori di pesticidi, fabbricanti di doppiette.

Una sola volta l’appello all'astensione è stato sconfitto. Chi non ricorda l’invito ad andare al mare fatto da Craxi e più apertamente da Bossi in occasione del quesito sulla preferenza unica del 1991. Il 9 giugno 1991 gli italiani andarono a votare, nonostante il fuoco incrociato contro il referendum elettorale (“incostituzionale” lo definì Giuliano Amato, inutilmente “costoso” lo ritenne il Presidente del consiglio Andreotti, mentre il Presidente della Repubblica Cossiga, per sostenerne la legittimità, attribuì all’astensione il valore di un “NO rafforzato”, anche se poi si recò a votare, ma solo all’ultimo momento): 29 milioni furono i votanti, e 27 milioni i voti favorevoli alla preferenza unica. Quella importante vittoria democratica spianò così la strada ai referendum elettorali del 1993 e, dopo il varo delle nuove leggi elettorali maggioritarie, ai primi governi dell’alternanza.

Dopo quell’unico precedente sotto la spada di Damocle dell'astensione caddero, senza soluzione di continuità, tutti i referendum successivi: i sette quesiti del 1997 su golden share, obiezione di coscienza, caccia, carriera dei magistrati, incarichi extragiudiziari, ordine dei giornalisti, ministero per le politiche agricole (votò il 30.2%), il referendum per il maggioritario del 1999 (49,6%), i sette referendum del 2000 su sistema elettorale maggioritario, finanziamento pubblico della politica, elezione del CSM, separazione delle carriere dei magistrati, incarichi extragiudiziari, trattenute sindacali, liberalizzazione dei licenziamenti (32,2%), i tre quesiti del 2003, due sull’art. 18 dello statuto dei lavoratori e uno sulla servitù di elettrodotto (25,7%). In tutti i casi l’invito a disertare le urne è stato sostenuto, sia pure in maniera differenziata nelle varie circostanze, praticamente da quasi tutti i principali protagonisti della politica italiana (tra cui alcuni di coloro che adesso sostengono di voler votare...). Anche oggi, del resto, la propaganda astensionistica minaccia la validità dei quattro quesiti sulla procreazione medicalmente assistita.

La domanda è sempre la stessa però: è legittimo invitare a disertare le urne? E’ legittimo astenersi dal voto? Sulla questione sono intervenuti, come sempre, voci diverse: politici, sacerdoti, cittadini comuni, giuristi. Un vivace dibattito è in corso tra i costituzionalisti. Michele Ainis ha ritenuto l’astensione “una frode della Costituzione” (La stampa 12/5/05); Antonio Baldassarre ha invitato a leggere la Costituzione quando parla di libertà di espressione e di libertà di voto per ritenere pienamente legittima sia la propaganda per la diserzione delle urne sia l’assenteismo elettorale (La stampa 14/5/05); Gaetano Silvestri, pur ritenendo lecito astenersi, ha posto l’attenzione sulla correttezza democratica di un simile comportamento (il manifesto 15/5/05); Paolo Armaroli ha parlato dell’astensione come di un espediente lecito utilizzabile in chiave ostruzionistica (il Giornale 18/5/05); Stefano Ceccanti ha ritenuto una indebita intrusione nelle questioni temporali l’appello a non votare fatto dal cardinale Ruini (il Riformista 5/4/05). E’ importante che su questo tema intervengano anche i giuristi. Ma a patto di non ridurre una questione così complessa a facili semplificazioni. Da un punto di vista costituzionale la legittimità dell’invito a astenersi e dell’astensione deve essere valutata alla stregua di tre profili: con il diritto di voto (art. 48 Cost.), con la disciplina del referendum abrogativo (art. 75 e legge n. 352 del 1970), con la libertà di opinione e la disciplina della propaganda elettorale (art. 21 Cost.).

Astensione e diritto-dovere di votare. L'art. 48 della Costituzione stabilisce che il voto è libero e che il suo esercizio è un “dovere civico”. Secondo alcuni questa norma vale solo per le elezioni e non per i referendum, in ragione di una pretesa superiorità della democrazia rappresentativa sulla democrazia diretta, sicché sarebbe legittimo “non votare”, anzi l’astensione equivarrebbe a un NO detto due volte. Questo argomento tuttavia prova troppo: per la Costituzione, come detto, il voto (qualsiasi voto) è personale, libero e segreto e il suo esercizio costituisce un “dovere civico”. Senza ulteriori precisazioni non sembra difficile ammettere, come fa del resto la Corte costituzionale (sent. n. 96/68), che questi principi valgano per tutte le consultazioni, politiche e referendarie. In teoria generale, anzi, le votazioni elettorali e quelle referendarie costituiscono specie del genere delle deliberazioni collettive.

Vale la pena di ricordare che fin dalla Costituente si chiarì che non vi era contraddizione tra libertà e doverosità nell’esercizio del diritto di voto. Voto libero è quello che si svolge in assenza di coazione, come "libertà oggettiva dell'esercizio del diritto di voto a vantaggio dell'elettore, per modo che gli organi dello Stato siano impegnati ad assicurare questa libertà". Più difficile fu la discussione intorno alla formula del “dovere civico”, che alla fine rappresentò una soluzione di compromesso, tra i fautori e gli avversari dell'obbligatorietà del voto e della sua sanzionabilità. Mentre i partiti moderati, tra cui soprattutto la Democrazia cristiana, erano favorevoli all’introduzione del voto obbligatorio per spingere a votare i ceti medi e conservatori, le forze politiche di sinistra sostenevano la libertà del voto per ragioni esattamente opposte e, quindi, per avvantaggiarsi del consenso delle masse operaie. Il compromesso costituzionale intorno alla formula “dovere civico” venne chiarita da Meuccio Ruini quando, in sede di votazione, riconobbe che la formula prescelta rappresentava “un primo passo”, che rinviava in futuro la scelta definitiva se introdurre anche l’obbligatorietà del voto.

Il dovere giuridico di votare veniva così sanzionato nell'art. 115 del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera: per chi si asteneva era prevista la menzione “non ha votato” nel certificato di buona condotta. La norma è stata abrogata nel 1993. Secondo alcuni così il voto da dovere sarebbe diventato una piena libertà. Si tratta però di una semplificazione. Non solo è vero che senza una formale modifica dell’art. 48 Cost. niente autorizza a ritenere abolita, insieme alla sanzione, pure la doverosità del diritto di voto. Piuttosto, con quella modifica si è superato un equivoco ricorrente: ritenere doveroso perché sanzionato solo il voto nelle elezioni e non nei referendum. Votare nelle elezioni e nei referendum, invece, era e resta un dovere costituzionale (Giorgio Lombardi). Solo che si tratta di un dovere privo di qualsiasi sanzione (come una lex minus quam perfecta). Astenersi dal voto è quindi un comportamento lecito. Ma non per questo costituisce esercizio di un diritto costituzionale (come hanno ritenuto alcuni, tra cui Barile-Cheli-Grassi nel manuale di Diritto pubblico). Si tratta di un fatto pienamente lecito certo, ma giuridicamente irrilevante ai fini dell’esercizio del diritto di voto. Concettualmente, infatti, nell’atto del votare non rientra affatto il comportamento di chi si astiene dal voto. Vota infatti solo chi si reca alle urne, e qui le possibilità sono solo tre: votare SI, votare NO, astenersi nel voto (consegnando scheda bianca). Chi non si reca alle urne non vota, né tantomeno vuole esprimere una volontà contraria (o addirittura un “NO rafforzato): il non voto è solo un voto inesistente.

Così si svolgono le votazioni in Parlamento, e il diritto parlamentare non prevede affatto l'uscita dall'aula (l’astensione dal voto) come una forma di decisione. L'assenteismo parlamentare, come quello elettorale, rappresentano semmai forme di ostruzionismo. Si tratta certamente di un comportamenti leciti, ma con ciò non si può dire che chi sia assente sta esercitando una libertà implicita nel diritto di voto. Scambiare queste due situazioni contraddice il principio che assiste le deliberazioni elettorali, secondo il quale la volontà della maggioranza deve formarsi nel collegio, ossia nel procedimento deliberativo e non al di fuori di esso. Assente è colui che ha deciso di non partecipare al processo decisionale. Cosa diversa, ma non per questo meno rilevante, è valutare quando l’astensionismo (anche in funzione ostruzionistica) diventa una pratica aliena, se non addirittura contraria, alla dialettica parlamentare, come nel caso di una minoranza organizzata che con la propria reiterata assenza impedisce alla maggioranza di assumere qualsiasi decisione e al Parlamento di svolgere la sua funzione politica (Manzella).

Contro lo scambio tra astensione dal voto e diritto di voto nella triplice accezione vista è pure la giurisprudenza: ciò si desume chiaramente in alcune recentissime decisioni della Corte costituzionale, sia quando afferma che “in presenza della prescrizione dello stesso art. 48, secondo cui l’esercizio del diritto di voto “è dovere civico”, il non partecipare alla votazione costituisce una forma di esercizio del diritto di voto significante solo sul piano socio-politico” (sent. n. 173 del 2005), sia quando ritiene legittime norme dirette a incentivare la partecipazione elettorale nei referendum come antidoto al dilagare dell’astensionismo elettorale (sent. n. 372 del 2004, sullo statuto della regione Toscana che commisura il quorum non sugli iscritti nelle liste elettorali ma sulla percentuale dei votanti alle ultime elezioni).

Astensione tra quorum e legislazione. Si argomenta, però, che l'astensione sarebbe un diritto perché legittimamente ammessa dalla norma (art. 75 Cost.) sul quorum strutturale nel referendum abrogativo (Bettinelli, Iacometti, Lanchester e altri): la soglia del 50% più uno degli aventi diritto al voto come presupposto della validità del voto referendario si giustificherebbe proprio perché si vuole così ammettere la libertà di non votare. Per smontare questo ragionamento sarebbe sufficiente notare che ove il quorum non ci fosse, come nel caso del referendum costituzionale o di referendum consultivi che non prevedono quorum strutturale (basti pensare al referendum siciliano appena votato sulla soglia di sbarramento del 5%, come ricorda Silvestri su il manifesto) sarebbe per ciò solo illegittima qualsiasi astensione dal voto e, quindi, necessariamente obbligatorio recarsi alle urne. L’assurdità di una simile conclusione dimostra facilmente la debolezza della premessa. Anche in questo caso è utile ritornare al dibattito della Costituente. Nella Costituzione repubblicana il quorum per i soli referendum abrogativi venne stabilito per una ragione diversa e specifica (collegata alla scelta di ammettere il referendum solo a certe condizioni e solo sotto determinate condizioni). Si voleva evitare che una piccola minoranza potesse abrogare una legge votata dalla maggioranza dei cittadini rappresentati in Parlamento. Di fronte a una legge, approvata dalla maggioranza politica, l’abrogazione popolare poteva essere consentita solo se a votare fosse andata una maggioranza uguale e contraria. Il quorum, dunque, non per legittimare l'astensione ma deliberatamente per contrastarla.

Le motivazioni dei Padri costituenti sono state sostanzialmente recepite in sede di discussione e approvazione della legge sui referendum (legge n. 352 del 1970, cfr. l’intervento del Ministro Gava in sede di discussione del progetto). La disciplina legislativa, infatti, non contempla l'astensione, neppure come variante nel voto referendario. Gli artt. 37 e 38 stabiliscono solo gli effetti conseguenti alla vittoria dei SI (l’abrogazione della legge) o dei NO (il divieto di reiterazione dei referendum nei cinque anni successivi). Una conferma è nel fatto che fu respinto un emendamento volto a equiparare il “non voto” al “voto contrario” all’abrogazione.

In questo senso del resto è anche il diritto vivente. In occasione della reiterazione nel 2000 del referendum contro la quota proporzionale della legge elettorale della Camera che l'anno precedente non aveva raggiunto il quorum, la dottrina prevalente (vedi i pareri pro veritate di Barbera, Caianiello, Corasaniti e dello stesso Baldassarre) e, quel che più conta, l'Ufficio centrale per il referendum e la Corte costituzionale hanno ritenuto legittima la riproposizione del quesito, smentendo apertamente l'equiparazione tra “astensione dal voto” e “voto contrario” all'abrogazione (cfr., rispettivamente, ord. 7 dicembre 1999 e sent. n. 33/2000).

L’irrilevanza giuridica dell’astensione dal voto è dimostrata anche dalla disciplina della propaganda referendaria. La legge n. 28 del 2000, infatti, ha stabilito che nella comunicazione radiotelevisiva per i referendum abrogativi gli spazi siano “ripartiti in misura eguale fra i favorevoli e i contrari al quesito referendario” (art. 3, comma 2, lett. d), escludendo qualsiasi valore alla posizione di chi invita a disertare le urne. Proprio in questi giorni, correttamente, l’Authority per le Telecomunicazioni ha previsto che nella campagna elettorale sulla procreazione assistita le posizioni da tenere presenti nella ripartizione degli spazi siano solo quelle dei sostenitori del SI e del NO.

Del tutto fuorviante è poi l’idea che l’astensione costituisce un legittimo espediente nel referendum abrogativo perché così si può contrastare un’iniziativa che, a differenza delle elezioni, non interessa la generalità dei consociati, ma viene sollecitata da una minoranza di cittadini. Anche qui si scambiano i piani. Proprio per evitare che il corpo elettorale venga coinvolto su temi di parte o in contrasto con valori costituzionali è stato previsto il procedimento di controllo delle richieste referendarie. Dopo il via libera dell’Ufficio centrale e della Corte costituzionale, però, la richiesta di referendum abrogativo diviene pienamente legittima, e per questo meritevole di essere sottoposta al giudizio del popolo, il quale attraverso il voto, la partecipazione nel voto, potrà esprimere (secondo le tre possibilità SI, NO, astensione nel voto), la propria volontà nel merito della domanda referendaria.

Astensione e libertà di propaganda. Un discorso in parte diverso merita, inoltre, la valutazione del comportamento di chi fa propaganda per l’astensione. Da parte di alcuni si ritiene che, come qualsiasi forma di propaganda, anche l’invito a disertare le urne, sia pienamente legittimo, rientrando nella più ampia libertà di manifestazione del pensiero garantita dall’art. 21 della Costituzione. Si tratta di una tesi corretta. Del resto l’ampiezza della libertà di pensiero è tale da ricomprendere addirittura la legittimità della propaganda per valori contrari a quelli previsti dalla Carta fondamentale, in conformità all’idea di una democrazia aperta che, a differenza delle democrazie protette, ammette anche idee antisistema. Anche in questo caso è però necessario non fermarsi sulla superficie del fenomeno, ma provare a distinguere. La libertà di manifestazione del pensiero non è, anche nel nostro ordinamento, priva di limiti. Un conto è infatti la libertà delle idee (che possono anche essere eversive dell’ordine costituzionale), un conto le idee che si traducono in azioni destinate a incidere sull’esercizio di diritti costituzionali o addirittura a sovvertire l’ordinamento costituzionale. Un conto è allora la propaganda per l’astensionismo come manifestazione di opinione, altro conto è la propaganda che si risolve in un’azione organizzata volontariamente per coartare il libero convincimento dell’elettore. Del resto, come si è visto, la Costituzione (art. 48) esige che il voto sia libero, ossia privo di costrizioni o di forme di coazione della volontà del cittadino elettore. E la Corte costituzionale è molto rigorosa nel chiedere il rispetto di quel principio, ritenuto un valore fondante dei processi di decisione popolare e delle regole per la propaganda elettorale e referendaria (sentt. nn. 344/1993, 49/1998 e 502/2000). Organizzare la diserzione dalle urne, al limite, può risolversi in una forma surrettizia di controllo sociale della partecipazione al voto, con conseguenze anche sull’effettività del principio di segretezza del voto.

L’invito a disertare le urne, ancorché riconducibile nell’ambito della libertà di propaganda, meriterebbe di essere differentemente apprezzato anche in ragione dei soggetti che lo manifestano. Altro è l’appello al non voto fatto da un comune cittadino, altro l’invito a disertare i seggi svolto da chi è titolare di cariche pubbliche. Con riferimento a questi ultimi non sarebbe così astruso costituzionalmente ipotizzare un dovere di correttezza costituzionale che impone loro di rispettare le regole democratiche e i diritti dei cittadini. La Costituzione del resto prescrive per i partiti e, quindi, anche per i titolari degli organi costituzionali di partecipare alla vita politica con “metodo democratico” (art. 49), così come per i funzionari pubblici è previsto un agire imparziale e responsabile (art. 28). Questo significa che la libertà di opinione, che è parte della libertà dell’agire politico di coloro che hanno responsabilità istituzionali (come il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere, il Presidente del Consiglio, i Ministri, ecc.), trova un limite più stringente che non nei confronti del comune cittadino proprio nell’esigenza di rispettare le leggi e le regole della dialettica democratica. Nei referendum sulla procreazione sono gli stessi parlamentari che hanno votato la legge che, invitando a disertare le urne, vogliono sottrarsi al confronto popolare, anziché dimostrare democraticamente di essere in sintonia con la maggioranza degli elettori.

I valori in gioco e il pluralismo democratico. Un ultimo profilo. Vi è chi dice (come alcuni esponenti della Curia) che il 12-13 giugno non si deve votare perché sono in gioco valori – quelli che circondano il concetto di persona umana – universali e perciò non negoziabili. Si tratta di una critica sottile. E’ vero che in un sistema democratico vi sono valori che non ammettono in linea di principio decisioni a maggioranza. Ma il fatto è che nel caso dei referendum sulla procreazione assistita manca proprio quella condivisione generalizzata che costituisce il presupposto per considerare l’embrione una persona umana. Del resto se si trattasse di un valore indiscusso non si capirebbe perché la legge 40 è stata approvata solo da una parte politica e ora, addirittura, disconosciuta da alcuni di coloro che l’avevano votata. In realtà, uno dei principi fondamentali del costituzionalismo liberaldemocratico prescrive che quando sono in gioco valori altamente controversi ciò che il processo decisionale deve veramente assicurare è il rispetto del pluralismo delle opinioni. In simili casi, dunque, il problema non è se sia legittimo o meno decidere a maggioranza, ma garantire che le decisioni siano assunte con il consenso più ampio possibile e, comunque, nel rispetto dei diritti di chi resta in minoranza.